Nel mondo, esistono luoghi in cui la bellezza della natura è viva, palpitante, autentica:
sono quei luoghi in cui lʼuomo è alleato consapevole, leale e rispettoso dellʼambiente, non
avido saccheggiatore delle risorse ambientali. LʼAtlantico è tutto attorno a noi: un universo
di mare, montagne, terra e cielo, neve e ghiaccio. LʼAsgard, la dimora di Odino.
Dove mai poteva sorgere, se non qui, il “Valhalla”, il tempio degli Dei dalle 640 porte, così
grandi che attraverso ognuna di esse potevano sfilare 960 soldati, lʼuno accanto allʼaltro?
Mito e realtà si mescolano, producendo un potente effetto di estraneamento. Gli antichi
dicevano che la bellezza “eleva”: qui se ne ha una dimostrazione tangibile, concreta.
Settecentocentoquarantasette chilometri quadrati di ghiaccio, duemil a metri di altezza sopra il
mare, alla fine di aprile, con le infinite sfumature di una luce che sta per diventare la padrona
assoluta di tutta la Norvegia. Lo sguardo corre incredulo per 360 gradi, senza soluzioni di
continuità, sulla crosta scintillante del ghiaccio.
Siamo sulla più grande glaciazione dellʼEuropa continentale, un pianeta di spazi e silenzi siderali
fino a ieri irraggiungibile anche con la sola immaginazione. Lʼinglese è elementare, ma sufficiente
per raccogliere ovunque informazioni, catalogate e selezionate accuratamente. Così, forti di una
pianificazione rigorosa, ci muoviamo in questo deserto abbagliante con sicurezza, senza perdite di
tempo. Sulle nostre teste il cielo azzurro sembra smalto, denso lucido e profondo; colore perfetto,
come il bianco che ci circonda. È la stupefacente realtà della Norvegia, questo paradiso candido
otto mesi lʼanno, il Paese dove gli sci sono appendici della vita quotidiana.
La tendina è rimasta laggiù, in riva al mare, sperduta nella profondità di uno dei mille fiordi che
ricamano la costa. Con me compagni ed amici che amano le avventure possibili e sanno cogliere
anche le più piccole tonalità dellʼambiente; ci accomunano la necessità, direi fisiologica, di trarre
dalla natura la linfa vitale: lʼoutdoor ci fa sentire vivi e dà un senso gioioso alla nostra esistenza!
La calotta glaciale dello Jostedalsbreen è un lembo di Antartide incastrato sulle coste norvegesi.
La salita è stata quasi una corsa ininterrotta, unʼesplosione di ebbrezza, trascinati dalla forza
misteriosa di un panorama che ad ogni passo rinnova lo stupore e il desiderio, fino allʼapoteosi
dellʼultimo metro in vetta. Provare per credere! Scendere da un ghiacciaio norvegese, scivolare nel
grembo di un sinuoso fiordo, da pareti che strapiombano per centinaia di metri, fino allʼultima virata
che sfiora le onde del Mare del Nord, è uno sci da sogno, unʼesperienza che trasporta in unʼaltra
dimensione.
“Dapprima più debolmente, poi sempre più intensamente, lʼaurora boreale incendia radente le
vette di Jotunheimen, che tumultuose si accavallano e si rincorrono sotto il cielo infinito del grande
nord. La vetta del Galdhoppigen è lì, di fronte a noi, luminosa, solitaria, al termine di una lunga
schiena bianca che da lei ancora ci separa. Sulla sinistra, la montagna precipita vertiginosamente
su un piatto ghiacciaio ancora allʼombra, sulla destra degrada con dolci pendii dorati in una valle di
cui non riusciamo a scorgere il fondo…”. Sono parole di un altro amico, Severangelo, compagno di
una delle mie prime avventure norvegesi.
Qui, sui 2.469 metri del Galdhopiggen, nulla mi è nuovo, eppure tutto è diverso, dai compagni di
avventura alla gamma di emozioni che i ghiacciai e le meraviglie di Jotunheimen largiscono con
commovente generosità.
Siamo sul tetto della Scandinavia: sì, sono soltanto 2.469 metri di quota, pochi se si paragonano ai
quattromila delle Alpi, ma molti se si considera il dislivello, che a volte precipita fino al livello del
mare.
La vista si sta distendendo senza incontrare ostacoli verso gli estremi e confusi orizzonti che la
cima più alta della Norvegia apre a ventaglio attorno a sé. Colpisce la severità e lʼisolamento del
vicino Jostedalsbreen, da dove veniamo. Sotto di noi invece lʼefficiente rifugio-albergo Spiterstulen,
edificio centrale, e la serie di capanni dormitorio, tutto nella tipica architettura norvegese, a 1.100
metri dʼaltezza ai piedi del nostro Galdhopiggen. Tuttʼattorno, una corona di remote montagne a
misurare lo spazio e il tempo, per una settimana di sci tra le più gratificanti e suggestive che si
possano vivere in Europa.
Il rientro alla vicina Oslo, come sempre, ci offre lʼoccasione di una nuova scoperta. Stracarichi
dʼentusiasmo per lʼavventura appena conclusa sui santuari di ghiaccio della Scandinavia, ci
imbarchiamo sul traghetto che attraversa i 200 chilometri del Sognefjorden. È molto di più di un
semplice trasferimento: è una pausa contemplativa in cui la scena primaria del mare, dei ghiacci e
delle montagne si fonde alla scena secondaria, quasi onirica, dei momenti appena vissuti. Il
viaggio prosegue nella montuosa regione del Telemark e nellʼolimpica Lillehammer.
I confini del grande nord Europeo sono già dietro di noi, al porto di Oslo lʼanello si è chiuso, dopo
una notte in mare. Adesso tutto si gioca sulle scorrevoli autostrade della Germania che conducono
a casa. E la Norvegia, lassù, ritorna a essere lontana e intima come un sogno, lʼideale di una
prossima, grande primavera!